11 Ago Libri ambientati a Milano, consigli di lettura!
Se anche voi siete amanti della lettura, vi sarà capitato di cercare libri ambientati a Milano, non solo che parlino della città ma libri nei quali i personaggi la vivano e vi facciano viaggiare con la fantasia in altre epoche della nostra meravigliosa città.
Ho pensato di raccogliere in una lista sempre in aggiornamento un po’ di idee per voi.
Troverete bellissimi romanzi di autori contemporanei come anche grandi classici o libri gialli. Non sapete da cosa iniziare? Vi consiglio “Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli, uno dei libri che mi è piaciuto di più negli ultimi anni. Sapevate che Ernest Hemingway ha vissuto a Milano? Potreste leggere “Addio alle armi” e scoprire il suo sguardo sulla città. Se invece amate i gialli scegliete un libro di Giorgio Scerbanenco.
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Questa associazione nasce nel 2013 dalla voglia di tanti librai che si sono uniti per offrire servizi e realizzare iniziative comuni, costituendo quella che di fatto è “la più grande libreria della città“.
In fondo all’articolo trovate la mappa! ⇩
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Ecco la lista dei libri ambientati a Milano (in ordine alfabetico di autore)
Febbre di Jonathan Bazzi
Jonathan ha 31 anni nel 2016, un giorno qualsiasi di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia quando esce, lo fa sudare di notte quasi nelle vene avesse acqua invece che sangue. Aspetta un mese, due, cerca di capire, fa analisi, ha pronta grazie alla rete un’infinità di autodiagnosi, pensa di avere una malattia incurabile, mortale, pensa di essere all’ultimo stadio. La sua paranoia continua fino al giorno in cui non arriva il test all’HIV e la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo, non sta morendo, quasi è sollevato. A partire dal d-day che ha cambiato la sua vita con una diagnosi definitiva, l’autore ci accompagna indietro nel tempo, all’origine della sua storia, nella periferia in cui è cresciuto, Rozzano – o Rozzangeles –, il Bronx del Sud (di Milano), la terra di origine dei rapper, di Fedez e di Mahmood, il paese dei tossici, degli operai, delle famiglie venute dal Sud per lavori da poveri, dei tamarri, dei delinquenti, della gente seguita dagli assistenti sociali, dove le case sono alveari e gli affitti sono bassi, dove si parla un pidgin di milanese, siciliano e napoletano. Dai cui confini nessuno esce mai, nessuno studia, al massimo si fanno figli, si spaccia, si fa qualche furto e nel peggiore dei casi si muore. Figlio di genitori ragazzini che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, cerca la sua personale via di salvezza e di riscatto, dalla redestinazione della periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose sbagliate che incarna (colto, emotivo, omosessuale, ironico) e che lo rendono diverso. Un libro spiazzante, sincero e brutale, che costringerà le nostre emozioni a un coming out nei confronti della storia eccezionale di un ragazzo come tanti.
La vita agra di Luciano Bianciardi
“La vita agra” segnò per Luciano Bianciardi il momento dell’autentico successo, un successo che non tardò a fare entrare in sofferenza un intelletto indipendente come il suo. Il romanzo, ampiamente autobiografico, vede il protagonista lasciare la provincia e con essa la moglie e il figlioletto per andare a vivere a Milano. L’intento iniziale è far saltare un grattacielo, per vendicare i minatori morti in un incidente causato dalla scarsa sicurezza sul lavoro (il riferimento è all’incidente alla miniera di Ribolla del 1954, in cui persero la vita quarantatré minatori). Ma il protagonista vive in perenne bilico fra voglia di far esplodere il sistema e desiderio di esserne riconosciuto… A cinquant’anni dalla prima pubblicazione nel 1962, “La vita agra” resta uno sguardo sulle conseguenze umane e sociali del boom economico italiano, ricco di una scrittura irrequieta, precisa, impossibile da imbrigliare. Al romanzo si ispirò il celebre film “La vita agra” di Carlo Lizzani, con Ugo Tognazzi che interpretava il Bianciardi/protagonista.
Un amore di Dino Buzzati
Una Milano che è insieme ritratto della metropoli e simbolo della babele d’ogni tempo. Su questo sfondo si muove il protagonista di “Un amore”: un uomo inconsapevole di aver atteso troppo, che è rimasto nell’intimo un giovane e crede che il sentimento possa compiere miracoli. E così il professionista maturo si innamora perdutamente di una donna giovanissima, ma già carica della cinica spregiudicatezza e della stanchezza morale di un’epoca. Unico romanzo erotico di Buzzati, “Un amore” continua l’indagine nelle inquietudini dell’uomo contemporaneo descrivendo la parabola di un amore vero, di esemplare limpidezza, destinato a smarrirsi nella menzogna come in un labirinto.
Poema a fumetti di Dino Buzzati
“Capita nella vita di fare cose che piacciono senza riserve, cose che vengono su dai visceri. ‘Poema a fumetti’ è per me una di queste, come ‘Il deserto dei Tartari’, come ‘Un amore’.” Così Dino Buzzati presentava ai suoi lettori questo libro, troppo a lungo sottovalutato, se non dimenticato. Uscito con grande scalpore nel settembre 1969, è infatti rimasto per decenni irreperibile nelle librerie. In questa rilettura in chiave moderna del mito di Orfeo ed Euridice, Buzzati ci parla di se stesso, concentrando in 208 tavole a colori tutti i temi a lui più cari, a partire dall’eterno dialogo tra la vita e la morte. Attraverso un raffinato gioco di citazioni e autocitazioni, l’omaggio ad artisti di ogni epoca, la contaminazione di generi, queste pagine svelano l’intero universo creativo di Dino Buzzati, i suoi riferimenti culturali, le fonti di ispirazione, le suggestioni infantili, gli interessi di adulto, il metodo di lavoro. Facendo di “Poema a fumetti” un libro che ne racchiude in sé molti altri, come solo i capolavori possono fare.
Due di due di Andrea De Carlo
Mario e Guido, due caratteri opposti che li rendono complementari e simbiotici. Un’amicizia straordinaria, raccontata dall’adolescenza all’età adulta, attraverso i dubbi, le scelte, le possibilità contrastanti che ognuno si trova di fronte nel corso della vita.
Delitto ad arte di Sara Kim Fattorini
Al ritorno da un viaggio di lavoro in Brasile, David Fairchild, facoltoso uomo d’affari e grande collezionista d’arte, trova sua moglie Eleonora morta nella loro elegante residenza milanese, dov’è custodita la parte più preziosa della loro straordinaria raccolta.
Il cadavere della donna è disposto in modo molto originale: fissato al pavimento con un robusto nastro adesivo, ricorda una celeberrima performance di Maurizio Cattelan. Sotto shock, oltre a denunciare l’accaduto alla polizia, Fairchild chiede al detective privato Guglielmo Corna di indagare sull’accaduto in parallelo alle forze dell’ordine.
Dopo La chimica dell’acqua, Sara Kim Fattorini torna al giallo e al suo indimenticabile investigatore, il solido e acuto Guglielmo Corna. Questa volta il caso è ambientato tra Milano e Miami, nel mondo sfavillante dell’arte contemporanea, all’interno della sua élite inaccessibile, dove circolano molti soldi e molti vizi, e dove ciò che appare non è sempre come sembra.
La chimica dell’acqua di Sara Kim Fattorini
La mattina in cui l’avvocato Attilio Giorgetti viene trovato cadavere nella lussuosa piscina dove è solito nuotare ogni giorno prima di iniziare il lavoro nel cuore di un mondo fatto di ricchezza e di ferocia, l’alta società milanese, opulenta quanto discreta, influente e invisibile, apre un nuovo, nerissimo quadro della sua scena.
Stretta dalle indagini della polizia, Adriana, la moglie del defunto, donna elegante e fascinosa ma turbata dai propri fantasmi e da un ménage famigliare inquieto, decide di affidare una ‘contro’ indagine al detective Guglielmo Corna.
Uomo solido, dal carattere schivo, capace però di risolvere i più intricati enigmi della cronaca, Corna ha sempre tenuto ben separate la vita professionale e quella privata. Da qualche tempo ha lasciato Milano e vive sul lago d’Orta, alla ricerca di consuetudini più tranquille e genuine, deciso a tagliare i ponti con l’ambiente borghese in cui è cresciuto e che sente minato al fondo dall’ipocrisia. Il nuovo caso, però, lo riporta indietro, a Milano.
L’incarico si rivela ben presto più difficile del previsto. I suoi metodi d’indagine, sempre orientati al buon senso e alla pacatezza, fanno i conti presto con la celebre teoria dei sei gradi di separazione: una spirale di avvincenti rivelazioni lo costringerà, infatti, a interrogarsi non solo sul reale coinvolgimento della vedova nell’omicidio dell’avvocato Giorgetti, ma anche sul proprio…
Un giallo elegante, questo primo libro di Sara Kim Fattorini, dove si muovono personaggi cinici e insospettabili sullo sfondo di una Milano bellissima e profondamente nera.
Ragazzo italiano di Gian Arturo Ferrari
La vita di Ninni, figlio del dopoguerra, attraversa le durezze da prima rivoluzione industriale della provincia lombarda, il tramonto della civiltà rurale emiliana, l’esplosione di vita della Milano riformista. E insieme Ninni impara a conoscere le insidie degli affetti, la sofferenza, persino il dolore che si cela anche nei legami più prossimi. Da ragazzino, grazie alla nonna, scopre di poter fare leva sull’immenso continente di esperienze e di emozioni che i libri gli spalancano di fronte agli occhi. Divenuto consapevole di sé e della sua faticosa autonomia, il ragazzo si scava, all’insegna della curiosità e della volontà di sapere, quello che sarà il proprio posto nel mondo. Nella storia di “Ragazzo italiano” si riflette la storia dell’intero Paese, l’asprezza, la povertà, l’ansia di futuro, la vicenda di una generazione figlia della guerra ma determinata a proiettare progetti e sogni oltre quella tragedia. Un’Italia dove la scuola è la molla di promozione sociale, e l’avvenire è affollato di attese e promesse. Un’Italia ancora viva nella memoria profonda del Paese, nelle peripezie familiari di tanti italiani.
Per legge superiore di Giorgio Fontana
Roberto Doni lavora come sostituto alla Procura Generale di Milano. Sessant’anni, moderatamente conservatore, ha una visione della giustizia legata alle regole e alle procedure. Tutto scorre liscio nella sua esistenza fino a quando una giovane giornalista entra di prepotenza nella sua vita professionale e gli fa assumere una visione delle cose del tutto diversa. Il giudice Doni sta sostenendo l’accusa nel processo di appello contro un tunisino imputato di un omicidio commesso dalle parti di via Padova; roso da niente altro che un tarlo sotterraneo, si lascia affondare in quella vicenda fino a che le sue certezze cominciano a traballare.
Addio alle armi di Ernest Hemingway
Composto febbrilmente tra il 1928 e il 1929, “Addio alle armi” è la storia di amore e guerra che Hemingway aveva sempre meditato di scrivere ispirandosi alle sue esperienze del 1918 sul fronte italiano, e in particolare alla ferita riportata a Fossalta e alla passione per l’infermiera Agnes von Kurowsky. I temi della guerra, dell’amore e della morte, che per diversi aspetti sono alla base di tutta l’opera di Hemingway, trovano in questo romanzo uno spazio e un’articolazione particolari. È la vicenda stessa a stimolare emozioni e sentimenti collegati agli incanti, ma anche alle estreme precarietà dell’esistenza, alla rivolta contro la violenza e il sangue ingiustamente versato. La diserzione del giovane ufficiale americano durante la ritirata di Caporetto si rivela, col ricongiungimento tra il protagonista e la donna della quale è innamorato, una decisa condanna di quanto di inumano appartiene alla guerra. Ma anche l’amore, in questa vicenda segnata da una tragica sconfitta della felicità, rimane un’aspirazione che l’uomo insegue disperatamente, prigioniero di forze misteriose contro le quali sembra inutile lottare.
I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
Manzoni dedica circa un ventennio alla stesura de I promessi sposi: l’edizione definitiva esce a dispense tra il 1840 e il 1842. Il romanzo segna una svolta nel panorama letterario italiano: Manzoni sceglie infatti di mettere sulla scena non un singolo eroe-personaggio, ma tanti cointerpreti di umili condizioni, che interagiscono tra loro, e che diventano nel loro complesso “il” protagonista del romanzo. D’altra parte la visione di Manzoni resta profondamente pessimista: i piani e i proponimenti degli uomini sono quasi sempre destinati a fallire miseramente, siano quelli dei malvagi che quelli dei giusti. L’idea che sottende è che esiste un “senso della storia”: ovvero che le vicende umane, lungi dal rappresentare un mero susseguirsi di azioni disordinate e casuali, concorrono nel loro insieme a eseguire un preciso spartito, partecipano a realizzare le trame di un disegno imperscrutabile.
A Milano non fa freddo di Giuseppe Marotta
Ventidue racconti riuniti in volume per la prima volta nel 1949, ambientati a Milano a cavallo della Seconda guerra mondiale, fra il 1927 e il 1948. Seguiamo le tracce di un immigrato napoletano, aspirante letterato, schietto alter ego dell’autore, trasferitosi al Nord in cerca di impiego nel mondo dell’editoria e del giornalismo. Anche in quel ventennio Milano sapeva essere fredda, anzi freddissima, metaforicamente e non. Ma il nostro protagonista, che pure deve affrontare svariate vicissitudini, prima fra tutte la miseria, osserva la città con occhi scanzonati e affettuosi, che indugiano sui particolari che rivelano gioie inattese. Il suo è lo sguardo fiducioso del lavoratore incantato dalla città del fare, che tante opportunità sa offrire. Per questo nella sua Milano “non fa freddo”. Il libro è un mix agrodolce di malinconia e divertimento, di raffinatezza e semplicità. È l’estremo atto d’amore rivolto da Marotta alla sua città d’adozione, prima che il turbinio del miracolo ne mutasse per sempre il volto. Uno dei più tardi omaggi al mito declinante della Milano “capitale morale” del lavoro.
Sei come sei di Melania G. Mazzucco
Sul treno per Roma c’è una ragazzina. Sola e in fuga, dopo un violento litigio con i compagni di classe. Fiera e orgogliosa, Eva legge tanti libri e ha il dono di saper raccontare storie: ha appena undici anni, ma già conosce il dolore e l’abbandono. Giose è stato una meteora della musica punk-rock degli anni Ottanta, poi si è innamorato di Christian, giovane professore di latino: Eva è la loro figlia. Padre esuberante e affettuoso, ha rinunciato a cantare per starle accanto, ma la morte improvvisa di Christian ha mandato in frantumi la loro famiglia. Giose non è stato ritenuto un tutore adeguato, e si è rintanato in un casale sugli Appennini. Eva è stata affidata allo zio e si è trasferita a Milano. Non si vedono da tempo. Non hanno mai smesso di cercarsi. Con Giose, Eva risalirà l’Italia in un viaggio nel quale scoprirà molto su se stessa, sui suoi due padri, sui sentimenti che uniscono le persone al di là dei ruoli e delle leggi, e sulla storia meravigliosa cui deve la vita. Drammatico e divertente, veloce come un romanzo d’avventura, “Sei come sei” narra con grazia, commozione e tenerezza l’amore tra un padre e una figlia, diversi da tutti e a tutti uguali, in cui ciascuno di noi potrà riconoscersi.
Atti osceni in luogo privato di Marco Missiroli
Questa è una storia che comincia una sera a cena, quando Libero Marsell, dodicenne, intuisce come si può imparare ad amare. La famiglia si è da poco trasferita a Parigi. La madre ha iniziato a tradire il padre. Questa è la storia, raccontata in prima persona, di quel dodicenne che da allora si affaccia nel mondo guidato dalla luce cristallina del suo nome. Si muove come una sonda dentro la separazione dei genitori, dentro il grande teatro dell’immaginazione onanistica, dentro il misterioso mondo degli adulti. Misura il fascino della madre, gli orizzonti sognatori del padre, il labirinto magico della città. Avverte prima con le antenne dell’infanzia, poi con le urgenze della maturità, il generoso e confidente mondo delle donne. Le Grand Liberò, così lo chiama Marie, bibliotecaria del IV arrondissement, dispensatrice di saggezza, innamorata dei libri e della sua solitudine, è pronto a conoscere la perdita di sé nel sesso e nell’amore. Lunette lo porta sin dove arrivano, insieme alla dedizione, la gelosia e lo strazio. Quando quella passione si strappa, per Libero è tempo di cambiare. Da Parigi a Milano, dallo Straniero di Camus al Deserto dei Tartari di Buzzati, dai Deux Magots, caffè esistenzialista, all’osteria di Giorgio sui Navigli, da Lunette alle “trentun tacche” delle nuove avventure che lo conducono, come un destino di libertà, al sentimento per Anna.
Fedeltà di Marco Missiroli
«Il malinteso», così Carlo e Margherita chiamano il dubbio che ha incrinato la superficie del loro matrimonio. Carlo è stato visto nel bagno dell’università insieme a una studentessa: «si è sentita male, l’ho soccorsa», racconta al rettore, ai colleghi, alla moglie, e Sofia conferma la sua versione. Margherita e Carlo non sono una coppia in crisi, la loro intesa è tenace, la confidenza il gioco pericoloso tra le lenzuola. Le parole fra loro ardono ancora, così come i gesti. Si definirebbero felici. Ma quel presunto tradimento per lui si trasforma in un’ossessione, e diventa un alibi potente per le fantasie di sua moglie. La verità è che Sofia ha la giovinezza, la libertà, e forse anche il talento che Carlo insegue per sé. Lui vorrebbe scrivere, non ci è mai riuscito, e il posto da professore l’ha ottenuto grazie all’influenza del padre. La porta dell’ambizione, invece, Margherita l’ha chiusa scambiando la carriera di architetto con la stabilità di un’agenzia immobiliare. Per lei tutto si complica una mattina qualunque, durante una seduta di fisioterapia. Andrea è la leggerezza che la distoglie dai suoi progetti familiari e che innesca l’interrogativo di questa storia: se siamo fedeli a noi stessi quanto siamo infedeli agli altri? La risposta si insinua nella forza quieta dei legami, tenuti insieme in queste pagine da Anna, la madre di Margherita, il faro illuminante del romanzo, uno di quei personaggi capaci di trasmettere il senso dell’esistenza. In una Milano vivissima, tra le vecchie vie raccontate da Buzzati e i nuovi grattacieli che tagliano l’orizzonte, e una Rimini in cui sopravvive il sentimento poetico dei nostri tempi, il racconto si fa talmente intimo da non lasciare scampo.
Suite 405 di Sveva Casati Modignani
Un’auto di lusso sfreccia nella notte lungo l’autostrada che collega Roma a Milano. A bordo c’è il conte Lamberto Rissotto, che possiede un’importante industria metallurgica e la dirige con sapienza, nonostante le difficoltà legate alla crisi economica del Paese. L’uomo ha fretta di rincasare per chiudere immediatamente ogni rapporto con la bellissima moglie Armanda, perché ha appena scoperto la sua ultima imbarazzante follia. A mitigare la cupezza del suo stato d’animo c’è il recente ricordo del fuggevole incontro con una sconosciuta «molto giovane, molto bella, di gran classe» che si è stupidamente lasciato sfuggire. Nella notte, un altro uomo viaggia lungo la stessa autostrada da Sud a Nord, solo, sulla sua utilitaria impolverata: è Giovanni Rancati, sindacalista. Ha percorso chilometri per incontrare gli operai che tanto ama, per condividerne le preoccupazioni e difenderne il futuro. A Milano l’attende la sua compagna, Bruna, che fa la parrucchiera e dopo anni di sacrifici è riuscita ad aprire un negozio tutto suo. Insieme vivono in un quartiere popolare, uno di quelli in cui le case di ringhiera mettono in piazza gioie e dolori di ognuno, una realtà in cui si fatica ad arrivare a fine mese e un sogno può costare i risparmi di una vita. Lamberto e Giovanni rappresentano due mondi opposti e lontani, ma le loro strade finiranno per incrociarsi, un po’ per necessità e un po’ per caso. Dal loro incontro nasce un avvincente intreccio di destini in cui si rispecchia l’Italia di oggi, ancora divisa da contraddizioni e lotte sociali, ma unita da un profondo e assoluto bisogno di giustizia e amore.
Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese… di Aldo Nove
Persone vere, mai raccontate però. Chi lavora in agenzie web, nei service più diversi, chi fa il pastore precario, chi vive la flessibilità di ogni genere, chi fa lo stagista a vita, chi a vent’anni fa un lavoro di “relazioni e di successo”, chi lavora in uno studio da avvocato ma si mantiene facendo il cameriere… Aldo Nove presenta una grande inchiesta, un docudrama italiano, un reportage delicato e struggente in cui le storie vere di giovani e non più giovani si affianca ogni volta al commento di Aldo Nove.
Io sto con Marta! di Giorgio Ponte
“Mi chiamo Marta Barbieri, sono siciliana, ho ventinove anni e un talento naturale per incasinarmi la vita.” Se potesse dire la verità, sarebbe così che Marta, quasi-trentenne disoccupata di Palermo, si presenterebbe al colloquio con l’editore milanese da cui spera di essere assunta. Ma si sa, ai colloqui di lavoro la verità non è un argomento da tenere in considerazione. Ai colloqui di lavoro e con i genitori. Mai. Per questo, dopo aver scoperto che la sua “grande occasione” lavorativa è in realtà una bufala di dimensioni ciclopiche, Marta decide di non dire niente ai suoi e di cercarsi un lavoro qualsiasi, in attesa di una nuova opportunità. Dopotutto a Milano tutti trovano lavoro, vero? Da aspirante editor a correttrice di bozze, da cameriera in un pub gay a gelataia in una azienda di schiavisti del cono perfetto, Marta si ritrova, dopo sei mesi di bugie e situazioni paradossali, a precipitare in una serie di eventi tanto catastrofici quanto esilaranti da cui sembra impossibile tirarsi fuori. A meno di non chiedere aiuto a un santo speciale… Armata di un gruppo di amici fedeli e di un instancabile ottimismo, Marta decide di non arrendersi e di conquistarsi il suo posto al sole in una Milano che – attraverso i suoi occhi – diventa per magia colorata e divertente. Aperitivi, palestre, eventi culturali cui “non si può mancare” e fretta patologica sono solo alcune delle sfide metropolitane con le quali dovrà fare i conti.
La casa di ringhiera di Francesco Recami
Il tappezziere in pensione Amedeo Consonni abita in una casa di ringhiera e colleziona notizie su delitti feroci e violenti, l’ultimo è il caso dello strano omicidio «della sfinge». Intanto tra i suoi inquilini cala improvvisamente un’atmosfera delittuosa. Tra equivoci e sospetti e una beffarda rivelazione, confuso, frastornato e travolto dagli eventi, Amedeo, senza volerlo, guida l’indagine alla verità.
Un’educazione milanese di Alberto Rollo
“Cerco ponti in cui lo spaesamento e il sentirmi a casa coincidano. E su quei ponti finiscono con l’apparire, teneri e meridiani, i fantasmi che mi riconducono là dove io sono cominciato e dove è cominciata, per me, questa città.” Questa è una ricognizione autobiografica ed è il racconto della città che l’ha ispirata. Si entra nella storia dagli anni Cinquanta: l’infanzia nei nuovi quartieri periferici, con le paterne “lezioni di cultura operaia”, le materne divagazioni sulla magia del lavoro sartoriale, la famiglia comunista e quella cattolica, le ascendenze lombarde e quelle leccesi, le gite in tram, le gite in moto, la morte di John F. Kennedy e quella di papa Giovanni, Rocco e i suoi fratelli, l’oratorio, il cinema, i giochi, le amicizie adolescenziali e i primi amori fra scali merci e recinti incustoditi. E si procede con lo scatto della giovinezza, accanto l’amico maestro di vita e di visioni, sullo sfondo le grandi lotte operaie, la vitalità dei gruppi extraparlamentari, il sognante melting pot sociale di una generazione che voleva “occhi diversi”. A questa formazione si mescola la percezione dell’oggi, il prosciugamento della città industriale, i progetti urbanistici per una Grande Milano, le trasformazioni dello skyline, il trionfo della capitale della moda e degli archistar. Un romanzo autobiografico magistralmente scritto, lo sguardo teso della visione: la storia di una città, di una generazione.
Venere privata di Giorgio Scerbanenco
“Il mondo di Scerbanenco è un mondo completamente nero e immobile. I romanzi di Scerbanenco non conoscono nessuno svolgimento. L’unico svolgimento riguarda il lettore, cui Scerbanenco somministra la realtà dei fatti a piccole dosi, poco per volta. Ma la realtà, l’orribile nera realtà c’è da sempre, è sempre quella e continuerà ad essere quella dopo che il teatrino del bene avrà chiuso il sipario. A chi, cittadino di questo disperatissimo mondo, non abbia propensione al suicidio, non restano che due vie: o la completa distrazione o l’assuefazione. La vita è una droga, o la combatti con altre droghe o l’assumi fino in fondo.” (Dalla prefazione di Luca Doninelli). In appendice “Io, Vladimir Scerbanenko”.
I milanesi ammazzano al sabato di Giorgio Scerbanenco
Donatella è scomparsa. È bellissima, sembra una svedese, con quei lunghi capelli biondi e quel profilo antico. Ma è debole di mente: per la strada guarda gli uomini, sorride a tutti e, qualunque cosa le dicano, risponde di sì. Perciò suo padre, il vecchio Amanzio Berzaghi, un ex camionista, la tiene nascosta in casa, tra bambole e dischi di canzonette. Ma una mattina l’ex camionista non la trova più… Il caso viene affidato a Duca Lamberti, il medico-investigatore. Alla disperata ricerca della ragazza, Lamberti si spinge nei bassifondi di Milano, tra feroci magnaccia e case d’appuntamento.
Tirar mattina di Umberto Simonetta
“Tirar mattina” racconta di Aldino che all’alba dei suoi trentatré anni ha deciso di mettere la testa a posto trovando finalmente un lavoro, proprio lui che finora si è arrabattato in mille modi, il più delle volte discutibili, riuscendo a scampare la vita da operaio come suo padre. Ma prima di cominciare la sua nuova vita da uomo adulto e responsabile, vuole festeggiare e decide di farsi un ultimo bicchiere e poi a nanna, o meglio a slòffen. Ma quei bicchieri diventeranno parecchi e Aldino, che è un animale notturno, non ce la farà a sottrarsi agli incontri che Milano, bella come non mai in questo romanzo, gli offrirà, finendo immancabilmente per tirar mattina. È Aldino stesso a raccontarci di questa ultima notte, e lo fa con uno slang a metà tra il dialetto meneghino e il gergo della strada fondendo tutto in un flusso di coscienza, miscelando passato e presente. L’ultima notte di libertà è una notte sfrenata, in cui si intuisce che la società sta cambiando, che il boom sta arrivando, che le illusioni ubriacano e che le disillusioni sono lì pronte dietro la porta, a mordere l’esistenza.
La città degli untori di Corrado Stajano
Una città è un grumo di sangue e polvere. Una città è un quaderno di storie. Ma come si può raccontare un luogo come Milano, una metropoli che è stata così tante volte e in così tante forme cantata? Forse l’unico modo è cominciare proprio dal suo cuore di tenebra, dalle vie silenziose lungo le quali si diffuse la peste, dalle caserme-macellerie delle torture naziste, dai profili delle vittime dei terroristi disegnati col gesso sull’asfalto, dall’odore acre del tritolo tra le rovine di un edificio dilaniato da una bomba. È seguendo questo itinerario d’ombra che Corrado Stajano intraprende un viaggio nel lato oscuro di Milano, alla ricerca dei fili che tengono insieme il passato e il presente del capoluogo lombardo: dall’ultimo muro sopravvissuto del Lazzaretto manzoniano, nel cui recinto furono internati, accalcati gli uni sugli altri, decine di migliaia di appestati, all’aula della Statale di fronte alla quale fu assassinato il giudice Guido Galli; dalla Banca Centrale dell’Agricoltura di piazza Fontana, in cui il 12 dicembre 1969 proprio Stajano fu tra i primi a entrare dopo l’esplosione, al portico dell’Elefante nel Castello Sforzesco, dove ha trovato sede la lapide che ricorda la Colonna infame. Con lo sguardo dell’amante tradito in cerca di una verità sincera anche se dolorosa, Stajano affronta una dopo l’altra tutte le stazioni del contagio che ha trasformato la città lucente descritta da Bonvesin da la Riva nella vanitosa sede di un happy hour senza fine: la periferia operaia e orgogliosa, oggi alla mercé della speculazione edilizia da parte di padroni invisibili, come i luoghi dove si riuniva la borghesia più progressista d’Italia, tramutati ora nelle alcove della politica più corrotta e della finanza più crudele. La città degli untori, Premio Bagutta nel 2010, è un affresco letterario allo stesso tempo intimo e oggettivo, che con il passo della grande narrazione svela lo scheletro degenerato e fraudolento di quella che un tempo fu la capitale morale del paese.
Caos calmo di Sandro Veronesi
“Mi chiamo Pietro Paladini, ho quarantatré anni e sono vedovo”. Si presenta così il protagonista di Caos calmo. Un uomo apparentemente realizzato, con un ottimo lavoro, una donna che lo ama, una figlia di dieci anni. Ma un giorno, mentre salva la vita a una sconosciuta, accade l’imprevedibile, e tutto cambia. Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, e per lui comincia l’epoca del risveglio. Osservando il mondo dal punto in cui s’è inchiodato, scopre a poco a poco il lato oscuro degli altri, di quei capi, di quei colleghi, di quei parenti e di tutti quegli sconosciuti che, ciascuno sotto il peso del proprio fardello, accorrono a lui e puntualmente soccombono davanti alla sua incomprensibile calma. Così la sua storia si fa immensa, e li contiene tutti, li guida, li ispira. La scrittura avvolgente di Veronesi, la sua danza ininterrotta tra intelletto e parola è la corda con cui Pietro trae a sé il secchio dal fondo del pozzo, piano piano, senza alternative, determinando le condizioni per un finale inaudito, eppure del tutto naturale, in cui si approda alla più semplice delle verità: l’accettazione della natura umana nella sua banale, eroica confusione di forza e debolezza.
Uomini e no di Elio Vittorini
Enne 2, un partigiano che vive la Resistenza a Milano nel 1944, è tormentato dall’amore impossibile per una donna sposata, Berta. Disperazione sociale ed esistenziale lo spingeranno a un’ultima, suicida impresa di guerra. Composto durante la Resistenza, nel momento, cioè, dell’intensa partecipazione di Vittorini alla lotta antifascista, “Uomini e no” riflette l’insanabile rapporto tra umanità e violenza, uomini e sedicenti tali: a sottolinearlo, alcuni brevi capitoli di riflessione nei quali l’autore affronta la stessa situazione da punti di vista diversi, imponendo all’attenzione del lettore le molteplici realtà in cui l’uomo è condannato a vivere.
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In copertina “Il Duomo di Milano” di Dino Buzzati.